di Philippe Aractingi, 2007
17 febbraio 2009

"Un ottimo film neorealista realizzato in stretta continuità temporale con gli eventi messi in scena"

Zeina vive a Dubai. In pieno divorzio, decide di mandare il figlio Karim a casa della sorella a Kherbet Selem, un piccolo villaggio nel sud del Libano, per proteggerlo dai litigi coniugali. Qualche giorno più tardi scoppia la guerra. Zeina, folle d'angoscia, parte velocemente per il Libano, passando per la Turchia. A causa del blocco però non riesce ad arrivare al porto di Beirut che il giorno del "cessate il fuoco". È qui che avviene l'incontro con Tony, il solo tassista che accetta di portarla verso Sud.

Come mai hai pensato di unire il linguaggio cinematografico a quello documentaristico?
A priori la guerra è relegata ad un unico genere, quello del reportage e del documentario, ma avendo già affrontato soggetti così scottanti, ero cosciente di tali limiti e per l’ennesima guerra che vivevo, ero convinto di andare oltre. La semplice testimonianza non bastava più perché avevo necessità di esprimere la gamma completa di emozioni che si provano durante i bombardamenti. Dopo diverse esperienze all’attivo, tra cui il musical “Bosta”, ho potuto specializzarmi nel docu-dramma trovando così il coraggio di affrontare questo genere nuovo pieno di elementi imponderabili

Come siete riusciti a girare in una situazione così drammatica e pericolosa? In questa guerra con i miei attori abbiamo filmato assieme e non contro gli stessi avvenimenti, tenendo presente una linea d’azione molto semplice, la ricerca di un figlio da parte di una donna in un paese devastato dalle bombe. Gli attori improvvisavano quotidianamente interagendo con i veri protagonisti: giornalisti, rifugiati, prigionieri civili; il che ha reso l’approccio molto più realistico

Avete seguito un canovaccio, una sceneggiatura? No, scrivevamo sul posto e giravamo direttamente. Non avevo il bisogno di far ambientare gli attori in una “situazione”, lo erano già. È stata dura, intensa come esperienza e spesso provavo paura soprattutto di mettere in pericolo la squadra. Temevo le mine ma anche di sbagliare approccio, c’era la paura di fare quello che facevamo. Bisognava rimanere sinceri e rapportarsi adeguatamente alla situazione di quel dato momento in cui ci trovavamo: in una parola, non stavamo girando il film, ma lo stavamo vivendo.

Il tuo film potrà contribuire a far sì che il popolo libanese prenda più coscienza della propria identità e dei problemi? Può darsi. In ogni caso il film è andato bene con 43000 ingressi in cinque sale. Per il Libano è già un successo; vedere da vicino le proprie ferite, può sicuramente aiutare a guarirle.

Può anche aiutare la coscienza internazionale allo stesso scopo?
Il film può essere visto come un messaggio in una bottiglia: non mi illudo, ma con gli undici premi ricevuti comincio ad avvertire che sì, probabilmente, potrebbe contribuire

Su che basi cinematografiche ti sei formato?
Su nessuna base. Sono un autodidatta

In “Sotto le bombe” è ravvisabile qualche riferimento ad altre opere?
Sì, “Berlino Anno Zero” di Roberto Rossellini.
Intervista di Giovanni Zambito

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23 nov - CRAZY HEART









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Dove

Cinematografo Teatro "Filo"
Piazza Filodrammatici 4
26100 CREMONA

Quando

Al martedì alle ore 21,15

Biglietti

BIGLIETTO UNICO - Euro 5,00

Info

Tel. 0372.411252
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