di Larrain, Castro, Iribarren, 2008
24 marzo 2009

"Tony Manero dimostra anche quanto la cultura pop americana abbia influenzato il mondo sudamericano"
Miglior film e miglior attore al Torino Film Festival


Mentre il suo paese, il Cile, é messo in ginocchio dalla dittatura di Pinochet, Raùl Peralta, si esalta ammirando e simulando le gesta di Tony Manero, personaggio cinematografico reso noto dal mitico John Travolta. Per cercare di assomigliargli in tutto per tutto, organizza spettacoli di danza e, il week-end, si lascia trasportare dalla febbre del sabato sera sulle piste da ballo. Ma Raùl, é anche un personaggio ambiguo che si macchia la coscienza commettendo crimini; in un certo modo rispecchia la società del suo paese, o meglio, quello che la dittatura ha forzatamente plasmato...

LA FRASE DA RICORDARE
"La sua occupazione? Lo spettacolo"


Cosa ti ha spinto a realizzare questo film in cui i temi sociopolitici si combinano con la disco music e la storia degli anni ’70?

Ho voluto raccontare la storia di un uomo ossessionato da cose a lui estranee sullo sfondo di un paese che sta attraversando il processo culturale che ha definito il nostro modo di vivere attuale e il modo in cui ci relazioniamo con il mondo. Un’analisi di quanto succede nella vita di un uomo comune e di ciò che lo circonda; un frammento di un qualcosa di più grande che non possiamo vedere perché, alla fine dei conti, non è solo Raúl Peralta che balla sulla pista ma tutti noi latinoamericani ci riconosciamo in lui in quel momento. Si percepisce l’aria pericolosa di sottosviluppo e l’abbandono delirante che ci ha visti estremamente esposti e minacciati nel corso degli anni ’70, proprio nel bel mezzo della dittatura militare che ha stravolto il paese.
Perché proprio Tony Manero, il protagonista de La febbre del sabato sera?
Tony Manero rappresenta per Raúl il suo desiderio di trionfare in seno ad una società che non ha più un destino. Ė una speranza racchiusa nel vecchio e allarmante modello del sogno americano che Raúl vuole fare suo ad ogni costo. L’ideale di un perdente che grazie al suo talento di ballerino riesce a risalire la scala sociale, rappresentato dal personaggio interpretato da John Travolta nel famoso film, trova un riscontro molto profondo nella psiche di Raúl che è convinto di potere trasformare questo stesso sogno in realtà. Al contempo la danza è un’espressione estremamente poetica che sceglie il movimento come strumento di comunicazione e che, conseguentemente, eleva il linguaggio filmico ad un livello sensoriale, sintonizzato su una particolare frequenza emotiva.
Come hai scelto il protagonista? Perché Alfredo Castro?
Raúl Peralta è fondamentalmente un personaggio ambiguo, un uomo pericoloso e allo stesso tempo splendido. Alfredo Castro unisce in sé quelle caratteristiche che da un punto di vista recitativo gli consentono di superare le difficoltà poste dal personaggio e andare al di là dell’artificio. L’attore si deve sporgere nel vuoto ed è lì che lo spettatore deve essere costretto a guardarlo, anche egli da solo, a tu per tu, senza maschera o trucco, immersi entrambi in una verità asciutta, sorda, obliqua.
Cosa puoi dirmi delle riprese? Quali le difficoltà?
Abbiamo girato per 5 settimane a Santiago, nella parte storica della città, e la principale difficoltà è stata quella di ricreare l’immagine della città negli anni ’70: un’atmosfera strana, indefinita, dove si percepiva un misto di paura e di oblio. Questa atmosfera oggi non esiste più e quasi nessuno sembra ricordarla, purtroppo: non c’è niente di peggio dell’indifferenza nei confronti della storia. Come tutti i registi, anche io ho dovuto superare la sfida di trovare il giusto umore, quel quid silenzioso che definisce le emozioni. Oggi Santiago è una città che ha conservato assai poco della Santiago di allora. Ė una città di vetro e acciaio che progredisce facendo scempio del suo passato … Raúl Peralta vive un passo avanti rispetto al suo paese, il suo assurdo desiderio è quello del Cile odierno.
Come hai girato?
Una ripresa per ogni scena realizzata, con il tempo necessario per eliminare alcuni pezzi successivamente durante il montaggio e lasciare solo quanto realmente essenziale. Una cinepresa a mano sempre fissa sul protagonista, con un unico invariabile punto di vista, per rendere evidente che quanto lo circonda è sempre e solo un contesto. Tuttavia - proprio per il significato che ogni elemento ha in se - i luoghi, le circostanze socio-politiche ed i personaggi di contorno sono importanti quasi quanto il protagonista, perché nulla avrebbe senso se non avvenisse esattamente “quando” e “dove” avviene.

Intervista a Pablo Larrain
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Dove

Cinematografo Teatro "Filo"
Piazza Filodrammatici 4
26100 CREMONA

Quando

Al martedì alle ore 21,15

Biglietti

BIGLIETTO UNICO - Euro 5,00

Info

Tel. 0372.411252
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